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LA
RESTAURAZIONE DEL DOMINIO
a
cura di Francesco Iperti
Le
controversie relative ai nomi a dominio sono ancora
all'ordine del giorno fra i giuristi dell'IT. Numerose
sono, infatti, le decisioni fin qui emesse dai nostri
giudici sulla materia (dovremmo essere vicini a 40
fra ordinanze e sentenze), che hanno ormai tracciato
un solco di legalità a difesa del domain name
e contro cybersquatting e domain grabbing, adottando
la legislazione vigente in materia di marchi e di
tutela della concorrenza.
La stessa Naming authority, mediante le regole di
naming (www.nic.it), ha accolto i suindicati principi
generali. A tale generale "omologazione"
sembrava resistere il Tribunale di Firenze, il quale
aveva adottato un paio di decisioni sicuramente sorprendenti.
L'ordinanza "rivoluzionaria"
Con gran scalpore degli addetti ai lavori, il Tribunale
di Firenze (per ben due volte) negli ultimi mesi del
2000, aveva infatti contestato il parere dominante
della giurisprudenza italiana, ritenendo che ai nomi
a dominio non fosse applicabile la tutela dei marchi.
Il Giudice, alla domanda "se esista nell'ordinamento
italiano il diritto di registrare un domain name corrispondente
al proprio marchio, così tutelandolo, pretermettendo
ed estromettendo chi abbia già validamente
registrato quello stesso domain name in precedenza"
aveva risposto in maniera negativa, argomentando dal
fatto che le norme di Internet costituiscono un ordinamento
fondato su regole di contenuto strettamente tecnico,
fra le quali è bene ricordare la regola dell'unicità
del dominio e il principio, adottato dalle Autorità
che provvedono alla registrazione dei nomi a dominio
e del "first come" - "first served".
Il Giudice toscano aveva affermato che la corrispondenza
marchio-dominio, non è un bene o un valore
assoluto, soprattutto, non è un principio positivamente
sancito nel nostro ordinamento, tanto che moltissime
imprese, consce delle possibilità che la Rete
offre ben al di là della corrispondenza di
cui si discute, puntano su altro, cioè sulla
qualificazione e apprezzamento del proprio sito, sui
servizi offerti online, sui collegamenti ad altri
siti e servizi comunque utili per l'utenza. Tanto
che, proprio per regolare il settore, sono stati recentemente
predisposti dei disegni di legge già presentati
al Parlamento.
Ma finché Internet in Italia non è regolata,
normata e in qualche modo inclusa nell'ordinamento
giuridico generale, prevalgono gli aspetti operativi,
tecnici e logici del Domain name system sull'utilità
che la singola impresa può ricavare dalla corrispondenza
nome a dominio-marchio; tali aspetti e il domain name
sono assimilabili più a un indirizzo che a
un segno identificativo di un soggetto.
Il Giudice era convinto, in sostanza, che "la
funzione del Domain name system fosse quella di consentire
a chiunque di raggiungere una pagina Web e, in quanto
mezzo operativo e tecnico-logico, non potendo porsi
per esso un problema di violazione del marchio di
impresa, della sua denominazione o dei suoi segni
distintivi".
La
"restaurazione" fiorentina
Dopo la suindicata "rivoluzione", operata
anche dal Tribunale di Empoli (sezione distaccata
del Tribunale di Firenze), il 28 maggio il Tribunale
fiorentino (in sede collegiale) ha ribaltato la decisione
adeguandosi alla giurisprudenza dominante. Secondo
quanto anticipato da Gabriele de Paola nel "Sole
24 Ore" del 22 giugno, il Tribunale avrebbe respinto
la tesi dell'assimilazione del domain name al mero
indirizzo telematico sostenendo che lo stesso non
viene assegnato d'ufficio o casualmente (come per
un numero telefonico), ma viene liberamente scelto
dall'utente. Il domain name svolge la funzione ulteriore
di segno distintivo dell'impresa che opera nel mercato
ed è pertanto soggetto alla normativa nazionale,
che necessariamente interferisce al riguardo con la
regola "first come - first served".
L'ordinanza prosegue affermando l'applicabilità
delle regole dettate dalla Naming authority (ossia
il first come - first served) fino a quando le comunicazioni
relative a Internet non assumono rilevanza nella vita
civile ed economica. Poiché in tema di marchi
e segni distintivi il nostro ordinamento già
prevede una normativa, a essa bisogna far riferimento
per dirimere eventuali controversie, riconoscendo
- a colui che legittimamente ha registrato un marchio
- di vietare a terzi di usare un segno identico o
simile al marchio registrato e, pertanto, di vietare
a terzi di utilizzare un domain name già oggetto
di registrazione come marchio.
Successivamente alla suindicata ordinanza (il 7 giugno),
il Tribunale di Firenze ha ribadito l'applicabilità
della normativa sui marchi nell'ambito delle controversie
relative ai domain name.
La
disciplina applicabile
In conclusione, si riassumono brevemente i principi
fondamentali dettati dal nostro ordinamento in materia
di marchi (R.D. n. 929/42).
Colui che registra un marchio ha il diritto di vietare
a terzi di usare:
a. un segno identico al marchio per prodotti o servizi
identici a quelli per cui esso è stato registrato;
b. un segno identico o simile al marchio registrato,
per prodotti o servizi identici o affini, se a causa
dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità
o affinità fra i prodotti o servizi, possa
determinarsi un rischio di confusione per il pubblico,
che può consistere anche in un rischio di associazione
fra i due segni;
c. un segno identico o simile al marchio registrato
per prodotti o servizi non affini, se il marchio registrato
goda nello Stato di rinomanza e se l'uso del segno
senza giusto motivo consente di trarre indebitamente
vantaggio.
Si ricorda che non possono essere oggetto di registrazione
e, pertanto non sono tutelabili, i segni che consistano
esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel
linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio.
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