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L'EUROPA
DECIDE PER L'OPT-OUT
a
cura di Annamaria Galeone
Il
13 novembre il Parlamento Europeo ha finalmente approvato
la proposta di direttiva sul trattamento dei dati
personali nelle comunicazioni elettroniche, stabilendo
che chi invia e.mails commerciali non sollecitate
non ha l'obbligo di richiedere il consenso preventivo
del destinatario. Dopo un lungo studio della proposta
da parte delle commissioni, è stato così
accolto il sistema dell'opt-out per quanto riguarda
la posta elettronica, mentre è stato adottato
l'opt-in per i messaggi commerciali inviati via fax
o sms. I singoli paesi sono comunque liberi di scegliere,
al loro interno, il meccanismo opt-in generalizzato.
Il dibattito però non è ancora chiuso,
considerando che la norma deve ancora essere approvata
dal Consiglio dell'Unione Europea prima di diventare
definitiva.
A
Bruxelles, il 6 dicembre successivo, i ministri delle
telecomunicazioni si sono invece schierati a favore
dell'opt-in, stabilendo che le aziende di direct marketing
potranno inviare messaggi pubblicitari via posta elettronica
ai consumatori solo se vi è stato un loro consenso
preventivo; non sarà necessario tale consenso
solo se gli utenti hanno precedentemente effettuato
presso di loro degli acquisti via email. La scelta
della Commissione è stata motivata, da parte
del suo componente Per Haugaard, con la precisa affermazione
che i paesi dell'Unione Europea sono tutti orientati
verso un'armonizzazione dell'opt-in, salvo i rapporti
commerciali già in atto.
Entro
il prossimo gennaio, il Consiglio dell'UE dovrà
quindi esprimere una decisione definitiva sull'annosa
questione dell'opting.
Continua
così la polemica tra i sostenitori dell'opt-in
e dell'opt-out, in particolare si accende un dibattito
tra l'organizzazione Spamhaus e Cappato.
La prima ha pubblicato un articolo, che mette in luce
gli aspetti negativi dello spamming e critica apertamente
l'avvenuta approvazione del rapporto sull'opting,
in quanto gli europarlamentari a favore dell'opt-out
non avevano tenuto conto di una relazione dell'UE
del febbraio 2001 - che evidenziava i costi altissimi
dello spamming, dannosi per le aziende del commercio
elettronico, gli internet providers e gli utenti.
Questo articolo conteneva inoltre una conversazione
con Marco Cappato e Michael Cashman, ideatori del
rapporto. Secondo Spamhaus, le affermazioni degli
europarlamentari denotavano una completa mancanza
di comprensione delle problematiche relative allo
spamming. In particolare, Cashman avrebbe difeso lo
spamming, affermando che le emails commerciali sono
potenzialmente utili, che molte di esse sono inviate
a seguito di campagne di marketing responsabili e
che per interrompere il loro invio basta cancellarsi
dalla lista; Cappato avrebbe invece affermato che
per combattere lo spamming è sufficiente leggere
il "subject" dei messaggi (cancellandoli
immediatamente se la email non è desiderata)
ed attivare i sistemi di filtraggio predisposti da
Hotmail (sistema che non è però adottato
universalmente), non considerando che ogni mailbox
ha uno spazio limitato e se viene riempita dallo spam,
il rischio è quello di non ricevere più
i messaggi eccedenti dal limite giornaliero.
Cappato
ha replicato negando di aver fatto tali affermazioni
e sostenendo che la conversazione con Spamhaus in
realtà sarebbe stata una falsa ricostruzione
di uno scambio privato di emails, riprodotta stravolgendone
il senso. Non ha però precisato quali sarebbero
state le false affermazioni attribuitegli.
Steve Linford di Spamhaus ha confermato che quanto
pubblicato sul sito erano le risposte date da Cappato
alle domande rivoltegli, in uno scambio di emails
intercorse sull'argomento spamming.
La Spamhaus ha quindi dichiarato di rimanere in attesa
delle precisazioni di Cappato.
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