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Privacy e cronaca

Il caso della giovane siciliana malata del morbo della mucca pazza.

Nei giorni scorsi è stato segnalato in Italia il primo caso umano di affezione dal cosiddetto morbo della mucca pazza.
L'attenzione dei mass-media si è subito concentrata intorno alla famiglia della giovane ammalata, finchè il fratello di quest'ultima non ha sfogato la propria frustrazione per la violazione del diritto alla riservatezza della sorella.
Il fratello, che chiameremo sig. X, ha affermato di sentirsi assediato, insieme ai suoi familiari, dall'attenzione della stampa ed ha ricordato come gli fosse stata assicurata la massima riservatezza dalle Autorità competenti.
Il sig.X ha, inoltre, dichiarato che la diffusione della notizia ha fatto sì che la ragazza non possa più continuare ad uscire, a frequentare gli amici e l'Università, ad avere una vita normale nei limiti del possibile per chi è affetto da una simile malattia.
Il problema che ci poniamo a questo punto è se davvero esiste in Italia una seria cultura della riservatezza e se le leggi che ci sono servano realmente a qualcosa.
Da quanto emerge dalla vicenda in questione, il diritto di cronaca nel nostro Paese va oltre qualsiasi legge, norma o regolamento, le Autorità Sanitarie non conoscono quali siano le normative vigenti in materia di trattamento dati, la magistratura ...dorme.
E' evidente, infatti, che la stampa e le televisioni sono venute a conoscenza di dati personali, per di più sensibili, riguardando lo stato di salute di una persona, in violazione della Legge 675/96.
La Legge prevede, infatti,al comma 4 dell'art.23, "dati inerenti la salute", che "la diffusione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute è vietata".
La violazione di tale divieto comporta l'applicazione delle sanzioni di cui al comma 2 dell'art.35 della L.675/96, nel quale è prevista la pena della reclusione da tre mesi a tre anni e del comma tre dello stesso articolo che eleva la pena minima prevista ad un anno se dal fatto, come nel caso di specie, deriva nocumento.
Questo naturalmente per quanto attiene agli aspetti penali della vicenda, perchè chiaramente i danni causati alla giovane ammalata ed alla sua famiglia sono senz'altro risarcibili in sede civile.
Ci si dovrebbe chiedere, allora, se esiste un responsabile del trattamento dei dati presso gli Enti Ospedalieri nei quali la ragazza è stata curata, come tali dati (il nome della ragazza, l'età, il paese di origine, ecc.) siano stati diffusi e da chi, quali provvedimenti ed indagini in tal senso ha disposto la magistratura.
Forse questi interrogativi rimarranno senza risposta, ma sicuramente il diritto alla riservatezza rimane, allo stato, in Italia una chimera.