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LE
REGOLE INTERNAZIONALI DEL TRADING ON LINE
a
cura di Francesco Iperti
Applicabilità della normativa italiana
La
legge italiana si applica a tutti gli intermediari
che operino nell'ambito dello Stato Italiano o che
comunque si rivolgono a investitori italiani. A tal
proposito la Consob ha chiarito che la normativa italiana
è applicabile (ossia vi è promozione
e collocamento a distanza in Italia):
* nel caso di messaggi di posta elettronica indirizzati
individualmente a investitori residenti in Italia;
* nel caso di siti aventi un contenuto promozionale
e negoziale tale da far presumere che le attività
di promozione e collocamento abbiano quali obiettivi,
anche non esclusivi, soggetti residenti in Italia.
Tra gli elementi che possono far ritenere che un sito
sia rivolto a residenti in Italia la Consob cita:
l'uso della lingua italiana, l'indicazione di prezzi
e importi in lire italiane, la presenza nel sito di
riferimenti a circostanze italiane (ad es. l'andamento
di indicatori economici e finanziari, vicende societarie,
eccetera), l'operatività in Italia di intermediari
attraverso i quali è possibile dare seguito
o aderire alla promozione o al collocamento e molti
altri ancora (vds Comunicazione n. DI/99052838 del
7 luglio 1999 su www.consob.it).
Come si può notare, in estrema sintesi, le
regole da rispettare per gli intermediari sono quelle
del paese del consumatore. La scelta del nostro legislatore
privilegia quindi gli interessi dell'investitore (soggetto
debole) il quale è facilitato nella comprensione
della legislazione che dovrebbe tutelarlo.
La
legge dell'investitore
L'indirizzo
italiano appena indicato è in linea con le
raccomandazioni dell'Associazione delle Autorità
di Regolamentazione (www.iosco.org) che ha sempre
chiesto che l'attività su internet avvenga
secondo le regole stabilite dal paese ove è
residente l'investitore. In altre parole, anche il
prestatore di servizi di trading online con sede in
Germania, qualora voglia offrire il proprio servizio
di intermediazione a cittadini residenti in Italia
dovrebbe adeguarsi alla normativa italiana (ad esempio
richiedendo le prescritte autorizzazioni agli organi
di controllo italiani, dando le informative in italiano,
ecc., ecc.); ciò comporta, evidentemente, notevoli
costi legali per chi voglia allargare la propria operatività
oltre i confini nazionali.
Questo approccio sembra tuttavia destinato a mutare
in virtù di direttive europee sul commercio
elettronico che dovrebbero essere presto emanate;
per l'analisi di dette direttive si rimanda al paragrafo
conclusivo del presente articolo.
In attesa che il legislatore comunitario dia corso
alla novità, si ricorda comunque che, in base
alle Convenzioni internazionali vigenti in tema di
obbligazioni contrattuali, il contratto di prestazione
di servizi di Trading Online può essere regolato
dalla legge scelta espressamente dalle parti. Anche
in questo caso, comunque, si ritiene che la legge
scelta dalle parti non può privare l'investitore
della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative
della legge del paese nel quale risiede abitualmente.
Salvo che il sito indichi espressamente quali investitori
sono i destinatari dei servizi offerti, ovvero venga
chiarito che il contenuto del sito non è conforme
alla disciplina degli Stati cui non è diretto.
Il
Registration statement
Da
quanto fin qui detto emerge come il trader che non
conosce frontiere -e vuole evitare truffe- debba avere
dimestichezza con la legislazione degli stati ove
opera il fornitore di servizi di trading .
In via preliminare, si chiarisce che ogni autorità
di controllo degli Stati più industrializzati
ha dettato regole particolari per la disciplina del
Trading Online, per avere una visione completa della
normativa in vigore nei singoli paesi è quindi
opportuno navigare verso il sito dell'autorità
di controllo che più ci interessa (vds tabella
allegata) e verificare analiticamente le norme emanate,
nonchè l'applicazione delle stesse da parte
dell'intermediario telematico.
La disciplina di Trading più rilevante per
l'investitore telematico è sicuramente quella
applicata negli Stati Uniti. Per averne una idea completa
è opportuno visionare le delibere e i pareri
adottati dalla SEC (U.S. Securities and Exchange Commission
- www.sec.gov), l'autorità di controllo federale
statunitense.
Il primo elemento sul quale fissiamo la nostra attenzione
è il c.d. Registration statement , ossia un
documento di registrazione che deve essere depositato
presso la SEC da ogni emittente di prodotti finanziari.
Il Registration statement è diviso in due parti:
* la prima parte è una nota informativa che
riguarda l'emittente e che deve essere consegnata
-obbligatoriamente- ad ogni investitore che intenda
acquistare gli strumenti finanziari oggetto dell'offerta;
* la seconda parte riguarda ulteriori informazioni
aggiuntive che sono disponibili presso la sede della
SEC, ma che non devono essere -obbligatoriamente-
inviate agli investitori.
Circa l'assolvimento dell'obbligo di trasmissione
della nota informativa agli investitori, mediante
il web, la SEC ha stabilito regole molto severe ed
una serie di adempimenti formali per gli operatori
(emittenti, underwriter, broker-dealer) i quali devono:
1. permettere all'investitore di accedere sempre alla
nota informativa per la quale deve essere agevolmente
permesso il download ;
2. obbligatoriamente inviare una mail specifica all'investitore
mediante la quale si notifichi la disponibilità
del Registration statement ad un indirizzo web esattamente
individuato;
In relazione alle informazioni a disposizione di coloro
che vogliono investire in titoli ed azioni quotati
sui mercati americani, si segnala che il sito della
SEC offre la possibilità di visionare i Registration
statement depositati nonchè ulteriori informazioni
sui mercati grazie al sistema denominato EDGAR (Electronic
Data Gathering Analysis and Retrieval System). La
possibilità di accedere alle informazioni contenute
in EDGAR non è soggetta ad alcuna restrizione
ma non equivale alla consegna obbligatoria descritta
in precedenza.
Qualora l'acquisto o la vendita di titoli avvenga
attraverso un sito che permette l'attività
di trading, la SEC ha stabilito che i gestori di detti
siti debbono garantire l'informativa obbligatoria
creando dei link con i siti ove sono disponibili i
prospetti informativi e i rapporti sullo stato delle
società delle quali l'investitore intende diventare
azionista.
Offerta
di titoli non registrati presso la SEC
Il
Securities act proibisce l'offerta ovvero la vendita
di titoli non registrati presso la SEC, salvo che
la mancata registrazione non derivi da specifiche
esenzioni previste dalle leggi statunitensi. La regola
ha origine dall'esigenza di garantire all'investitore
americano l'informazione più completa al fine
di permettergli scelte consapevoli. In osservanza
di detta restrittiva disciplina, gli emittenti esteri
che non registravano presso la SEC i propri titoli
dovevano adottare ogni precauzione atta ad impedire
la rivendita dei titoli negli Stati Uniti.
Peraltro, detta disposizione si scontra violentemente
con la globalizzazione dei mercati finanziari e l'avvento
di internet ed è al momento oggetto di animati
dibattiti stante l'impossibilità di impedire
ad emittenti, intermediari ed investitori di interagire
in tempo reale al di fuori di ogni delimitazione territoriale.
Al riguarda appare interessante la posizione assunta
dalla NASAA (Associazione che raggruppa i rappresentanti
delle autorità di vigilanza di molti Stati
federali statunitensi) la quale suggerisce ai legislatori
di esentare dalle registrazioni le offerte fatte su
internet che rispettino le condizioni poste da un
certo Stato "modello" (nella fattispecie
la NASAA suggeriva le condizioni poste dallo Stato
della Pennsylvania).
Attualmente la SEC ammette la possibilità di
offrire titoli non soggetti ad alcuna forma di registrazione
purchè:
* il sito web ove è presente l'offerta rechi
chiaramente l'informazione che la stessa non è
diretta ad investitori residenti negli Stati Uniti;
* l'offerente adotti ogni misura idonea ad impedire
la vendita ad investitori statunitensi dei titoli
offerti.
La
legge del venditore
In
conclusione è necessario ritornare sulla bozza
di direttiva europea - a cui abbiamo accennato in
apertura di articolo - che riguarda il commercio elettronico
e che potrebbe coinvolgere anche il trading online
(il testo della direttiva può essere visionato
presso il sito: www.interlex.com). L'elemento più
innovativo di detta bozza di direttiva è relativo
alla legislazione applicabile al contratto stipulato
fra l'investitore ed il fornitore di servizi di trading.
Fino ad oggi i legislatori nazionali avevano preferito
disciplinare i contratti fra "consumatore"
(ossia colui che agisce per scopi estranei alla sua
attività professionale) e fornitore di servizi,
mediante la legislazione del paese ove è residente
il "consumatore". La bozza di direttiva
(criticata dagli organi istituzionali italiani) ribalta
completamente la questione e "invita" gli
Stati membri dell'Unione Europea ad emanare nuove
norme che permettano ai prestatori di servizi di commercio
elettronico di sconfinare nell'intero ambito comunitario
rispettando le disposizioni dello stato in cui hanno
sede. In questo modo si eliminano diverse barriere
burocratiche ed economiche allo sviluppo del commercio
elettronico (ed al trading online), ma si diminuiscono
in maniera netta le tutele per il consumatore, il
quale dovrà assumersi l'onere di verificare
la legislazione dello Stato presso il quale ha la
sede il fornitore del servizio. A tale ultima osservazione
vi è chi ribatte sostenendo che il consumatore
non subirà alcun danno, in quanto le legislazioni
degli Stati appartenenti all'Unione Europea sono ormai
quasi interamente armonizzate e, quindi, la legislazione
italiana (in materia di tutela del consumatore, ovvero
dell'investitore) dovrebbe essere simile a quella
dettata negli altri paesi dell'Unione.
Il
dibattito rimane comunque aperto, ma è certo
che ogni decisione sulla questione dovrà essere
presa in accordo fra la generalità degli Stati
maggiormente industrializzati, salva la possibilità
che i siti predisposti dagli intemediari prevedano
dei "menu" differenziati a seconda che si
rivolgano a soggetti residenti in Stati ove è
applicabile solo la legge dell'investitore, ovvero
a soggetti che risiedono in Stati ove viene ammessa
l'applicabilità della legge del venditore.
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